L’espressione ”ti vedo” in ambito educativo

L’espressione ”ti vedo” in ambito educativo

L’espressione ”ti vedo” in ambito educativo

Il giudizio di “bravo”

L’ espressione “ti vedo” utilizzata in ambito educativo e psicomotorio porta con sé una carica rivoluzionaria. La prima volta che l’ho sentita stavo frequentando un corso di psicomotricità: la mia insegnante ci stava spiegando perché è importante, almeno in ambito psicomotorio, non utilizzare il “bravo”.

È una parola che ci sentiamo rivolgere fin da bambini come forma di gratificazione rispetto a qualcosa che abbiamo fatto. Il genitore utilizza questo termine quando il bambino soddisfa le sue aspettative; la maestra, in ambito scolastico lo ripropone. L’intenzione è buona e questo non è in discussione: si pensa di rinforzare l’autostima dei bimbi e delle bimbe. Persino noi adulti ci sentiamo gratificati da questa parola quando ci viene rivolta

Il tema che si presenta ai nostri occhi è il giudizio. Il bimbo ha bisogno di sentirsi visto e considerato dall’adulto, ma se questo bisogno viene soddisfatto solamente dalla parola “bravo”, ogni qual volta verrà a mancare tale giudizio, il bimbo, e poi il ragazzo e l’adulto che diventerà, si sentirà inadeguato: se nessuno mi dice che sono bravo, è probabile che io pensi di non esserlo.

L’espressione “ti vedo” e il potenziale educativo

A differenza del “bravo”, l’espressione “ti vedo” vuol dire “io ti accolgo, in ciò che fai e ciò che sei”. Esempi più concreti potrebbero essere: “Vedo che ti piace disegnare Carlo, hai usato proprio il colore rosso!”, oppure: “Ho visto che hai fatto un gran salto, Aurora, e che hai sorriso! Ti sei divertita!”.

La differenza sta nel restituire al bimbo il gesto che compie come importante perché è suo, non perché fatto bene. L’attenzione è qui sul processo che compie e sull’emozione che ha provato, anche quando si tratta di una emozione negativa:“Ho visto che questo gioco proprio non ti piace, Andrea, ti ha infastidito!”.

Attraverso l’utilizzo di un linguaggio più “neutro”, la percezione che riceve il bimbo è quella di essere visto, e quindi considerato, a prescindere dal buon esito della sua azione. Questo lo aiuta a tollerare meglio ciò che non riesce a fare. Inoltre un atteggiamento di questo tipo lo stimola a compiere una riflessione sulle proprie azioni e scelte, rendendolo capace di esprimere una valutazione personale e rendendosi così meno dipendente da ciò che l’adulto pensa di lui.

”Ti vedo”: finestre, non muri

In ambito scolastico è più difficile adottare questo tipo di linguaggio perché l’operato degli studenti è sottoposto a giudizio e correzione. Ciononostante, gli insegnanti, attraverso il linguaggio verbale e non verbale, possono sospendere il giudizio che hanno sugli studenti in base ai voti, evitando di mettere in discussione il valore che gli stessi hanno come esseri umani. Le potenzialità di una persona, lo sappiamo, sono molteplici e spesso non si manifestano a scuola.

Il compito degli insegnanti è complesso, carico di responsabilità e di sfide. La capacità degli stessi di tenere un atteggiamento non giudicante può favorire l’apertura alla complessità e alla possibilità di vedere ciò che c’è oltre il voto.

Per citare Marshall Rosemberg, “ti vedo” è un’espressione che può cambiare la qualità della vita e trasformare le parole in finestre piuttosto che muri.

 

Questo testo è di Chiara Bitella, psicomotricista di Open Group presso il Centro Senza Fili.

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