In che colore suoni?

In che colore suoni?

In che colore suoni?

Il racconto di un musicoterapeuta

“Anche i colori per me hanno un altro significato. Hanno una voce, i colori, un suono, come tutte le cose. Un rumore che li distingue e che posso riconoscere. E capire. L’azzurro, per esempio, con quella zeta in mezzo è il colore dello zucchero, delle zebre e delle zanzare.
I vasi, i viali e le volpi sono viola e giallo è il colore acuto di uno strillo. […] Il verde, per esempio, con quella erre raschiante, che gratta in mezzo e prude e scortica la pelle, è il colore di una cosa che brucia, come il sole. Tutti i colori che iniziano con la b, invece, sono belli. Come il bianco o il biondo. O il blu, che è bellissimo”.

È Simone a parlare, il protagonista del libro “Almost Blue” di Carlo Lucarelli. Anche io, come lui, durante un incontro di musicoterapia dedico del tempo a colorare l’ascolto. Primariamente mi alleno a non fare niente, o meglio, a stare solo in ascolto delle tante informazioni ed emozioni che mi sgorgano attorno.

Una volta entrati nella stanza, ancor prima che qualcuno inizi a suonare comincia un dialogo fatto di urla, parole, silenzi e rumori. Da qui può accadere che sia un suono ad aprire la via al racconto musicale; un ‘en plein air’ per cogliere le sottili sfumature che il suono genera su ogni particolare del ritratto sonoro, si delinea il volto della persona, mutano le forme, si amplificano gli spazi e si sovrappongono i piani
sonori. Può essere creato da un tratto fluido, come pure un pennello spesso, può essere di getto oppure calibrato.

I corpi prendono colore quando fanno musica: nel senso che i movimenti, le vibrazioni del corpo, i sospiri, le mani a volte anche i piedi, oppure il viso e gli occhi offrono tinture uniche. Come il violaceo dei polpastrelli, il rossore delle guance o il giallo lucente degli occhi, c’è chi diventa blu di rabbia oppure chi si colora di un riservato rosa soffice. Sono molteplici sfumature che appresentano una gamma di dettagli che
differenziano e dipingono l’unicità di ciascuno.

Questa è una mia strategia soggettiva, non esclusiva e neppure indispensabile. È il resoconto di un singolo attimo di incontro musicale che mi aiuta ad ampliare l’osservazione, a sentirla e appunto a colorarla, alle volte, in maniera diversa così da avere un quadro ampio delle possibili direttrici per orientare il percorso di musicoterapia. Nota dopo nota, tratteggio l’attimo di un ricordo grazie all’ascolto e
disegno sulla tela alcuni momenti particolarmente intensi dell’esperienza. Questo è un aspetto della mia esperienza di musicoterapeuta, non il solo e nemmeno l’unico. È semplicemente quello che ho voluto raccontare, perché come dice Simone in “Almost Blue”:
“Ci sono colori che per me significano qualcosa per l’idea che contengono. Per il rumore dell’idea che contengono”.

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