
Essere genitore di figli adolescenti
In questo articolo non ci dilungheremo in una descrizione dell’adolescenza, ma faremo alcune considerazioni di ambiti di normalità che ormai rischiano di perdersi e che quindi ci pongono in estrema difficoltà, una difficoltà emotiva perché crescere un figlio è sempre, prima di tutto, una fatica emotiva.
L’adolescente si trova in un passaggio dove il non più/non ancora lo pone in una situazione di estrema vulnerabilità.
Non più perché ha dovuto abbandonare il bimbo che era, un bimbo magico che vedeva il genitore come onnipotente, una caduta dalla fiaba alla realtà.
Non ancora perché l’ingresso nel mondo adulto è ancora lontano nel tempo e prevede una riorganizzazione totale di tutte le istanze psichiche, non ultime, anche quelle legate alla crescita del corpo sessuato.
Gli psicologi e i pedagogisti del Centro senza Fili ci offrono un punto di vista diverso, ma anche un aiuto e un supporto in caso di necessità per affrontare una delle fasi più complicate della vita dei nostri figli.
Il ruolo del genitore
Esserci è la base di una educazione consapevole dei figli. Non sempre dobbiamo fare, non sempre dobbiamo dire. Spesso, soprattutto nella fase adolescenziale, dobbiamo stare in panchina, osservare la partita, tifare per il nostro idolo e andare in campo solo in caso di necessità. L’adolescente deve giocare la sua partita, sapendo comunque che ha un allenatore (base sicura) che lo osserva e sul quale può fare affidamento.
Il suo tragitto, dalla nascita all’età adulta, è segmentato da fasi di estremismo emotivo funzionale alla “liberazione” dalla dipendenza amorosa dei genitori che gli ha permesso di arrivare fino alla adolescenza.
Ora però c’è l’ultimo passaggio, il più difficile, quello del per sempre… e più sarà burrascoso più l’amore dei genitori è stato e sarà grande.
Il rapporto con figli adolescenti
Ecco allora le sfide portate al limite, la trasgressione continua e reiterata, gli insulti, le parolacce, il distanziamento fisico: tutte modalità di cui necessita per arrivare alla meta. Certo tutto ciò spaventa e mette in allarme i genitori, ma rientra in un ambito di faticosa normalità e in questa fase il genitore non deve (non può) abdicare ma esserci, esserci come un “paracarro” o meglio come un “guard-rail”, che contiene quando si sbanda.
La trasgressione è una regola, appartiene all’adolescente perché è solo nella trasgressione che la regola viene assimilata. Quindi il genitore dovrà avere la fermezza del “capitano” davanti agli agiti trasgressivi, celando però in sé la consapevolezza che così deve essere, che appartiene ad un ambito di normalità.
La fermezza è l’atteggiamento autorevole, scevro da qualunque autoritarismo, senza agiti rabbiosi da parte del genitore. L’adolescente porta tutta la sua fatica sull’agito fisico, ma anche verbale e l’errore più grosso di un genitore sarebbe mettersi sullo stesso piano.
Di fronte a questo marasma emotivo, il buon educatore-genitore deve trasformarsi in “Io Ausiliario”, dare cioè una mente al proprio figlio: non dare soluzioni, non dare il proprio punto di vista o pensiero ma “costringere” il ragazzo con interlocuzioni, domande brevi fino a fingere di non sapere, in modo tale che in lui si attivi pian piano il pensiero critico.
Per fare questo, il genitore deve rinunciare alla trasmissione delle sue esperienze e di luoghi comuni che verrebbero aprioristicamente rifiutati; in sintesi, lasciare delle “mancanze” nel ragionamento che l’adolescente sarà costretto a colmare.
L’unico punto sul quale non si transige, sarà la mancanza di rispetto nei confronti di mamma e papà.
Se il periodo precedente all’adolescenza ha avuto un minimo di educazione ai sentimenti, l’atteggiamento dei genitori attiverà dei sensi di colpa, non visibili, che si tradurranno però in valori profondi.